February 2024

AI e automazione: cosa può (davvero) fare un'intelligenza artificiale per i tuoi processi

Se nell'ultimo anno hai partecipato a una riunione aziendale, probabilmente qualcuno ha pronunciato la frase "dovremmo usare l'intelligenza artificiale". Magari accompagnata da un gesto vago della mano e da uno sguardo che oscillava tra l'entusiasmo e il terrore.

È comprensibile. L'AI è ovunque: nei titoli dei giornali, nelle presentazioni dei fornitori, nelle ansie notturne di chi teme di essere sostituito da un algoritmo. Ma tra il clamore mediatico e la realtà operativa c'è spesso un abisso. Proviamo a costruirci un ponte.

Prima di tutto: di cosa stiamo parlando?

Quando diciamo "intelligenza artificiale" nel contesto aziendale, di solito intendiamo software capaci di svolgere compiti che tradizionalmente richiedevano intelligenza umana: riconoscere pattern, prendere decisioni, generare contenuti, imparare dall'esperienza.

Non stiamo parlando di robot senzienti che complottano per conquistare il mondo. Parliamo di strumenti. Potenti, sì, ma pur sempre strumenti — che come tutti gli strumenti funzionano bene se usati nel modo giusto e per lo scopo giusto.

La regola d'oro: l'AI eccelle nei compiti ripetitivi, ad alto volume e basati su regole o pattern. Fatica invece dove servono giudizio contestuale, creatività genuina o gestione di eccezioni non previste.

Cosa può fare concretamente l'AI per i tuoi processi

Veniamo al sodo. Ecco alcune applicazioni concrete, già mature e implementabili oggi — non fantascienza, non prototipi da laboratorio:

Classificazione e smistamento automatico. Documenti, email, richieste di supporto, fatture: l'AI può leggere, comprendere e instradare automaticamente. Un'attività che per un essere umano è noiosamente ripetitiva, per un algoritmo è un gioco da ragazzi. E non si lamenta mai del lunedì mattina.

Estrazione di dati da documenti. Contratti, ordini, bolle di consegna, moduli compilati a mano (sì, esistono ancora): l'AI può estrarre le informazioni rilevanti e popolare i tuoi sistemi senza intervento manuale. Addio al data entry, o almeno a buona parte di esso.

Analisi predittiva. Sulla base dei dati storici, l'AI può identificare tendenze e anticipare scenari: quali clienti rischiano di abbandonarti, quali fornitori potrebbero ritardare, dove si accumuleranno i colli di bottiglia. Non è magia, è statistica — ma statistica che nessun analista umano potrebbe fare manualmente su grandi volumi.

Process mining potenziato. L'analisi automatica dei log di sistema per ricostruire come funzionano davvero i processi (non come dovrebbero funzionare secondo le procedure) diventa ancora più potente quando l'AI identifica anomalie, varianti inefficienti e opportunità di miglioramento.

Assistenti virtuali per dipendenti e clienti. Non i chatbot frustranti di qualche anno fa, ma assistenti capaci di comprendere domande complesse, consultare la documentazione aziendale e fornire risposte pertinenti. Disponibili 24/7, sempre pazienti, mai sarcastici (a meno che non li programmi così).

Cosa l'AI non può fare (o non dovrebbe)

Qui serve un po' di onestà intellettuale, perché il mercato è pieno di promesse esagerate.

Sostituire il giudizio umano nelle decisioni critiche. L'AI può supportare una decisione fornendo dati, analisi, scenari. Ma la responsabilità resta umana — e deve restare umana. Un algoritmo non capisce il contesto politico di un'organizzazione, non coglie le sfumature relazionali, non sa che il fornitore X è il cognato dell'AD.

Funzionare senza dati di qualità. "Garbage in, garbage out" è una legge ferrea. Se i tuoi dati sono incompleti, incoerenti o semplicemente sbagliati, l'AI produrrà risultati incompleti, incoerenti o sbagliati. Con grande efficienza, peraltro.

Implementarsi da sola. L'AI non è una bacchetta magica. Richiede progettazione, integrazione con i sistemi esistenti, formazione degli utenti, governance. Richiede, in altre parole, un progetto serio — non un acquisto impulsivo su Amazon.

Da dove cominciare?

Se stai valutando come introdurre l'AI nei tuoi processi, ecco un approccio pragmatico:

Parti dai problemi, non dalla tecnologia. Non chiederti "dove posso usare l'AI?" ma "quali sono i miei colli di bottiglia? Dove perdo tempo, qualità, denaro?". L'AI è una possibile risposta, non la domanda.

Cerca i "quick win". Processi ad alto volume, ripetitivi, con regole chiare e dati disponibili sono i candidati ideali per iniziare. Ottieni risultati visibili, costruisci fiducia, impara.

Non sottovalutare il change management. La tecnologia più sofisticata fallisce se le persone non la adottano. Coinvolgi chi dovrà usarla, spiega i benefici, gestisci le paure. Sì, anche quelle irrazionali.

Misura, misura, misura. Definisci KPI chiari prima di partire. Come saprai se il progetto ha avuto successo? "Mi sembra che vada meglio" non è una metrica.

Il futuro è già qui (ma distribuito in modo diseguale)

William Gibson diceva che il futuro è già arrivato, solo che non è distribuito in modo uniforme. È vero anche per l'AI: alcune aziende la stanno già usando per trasformare i propri processi, altre ne parlano soltanto, altre ancora la ignorano sperando che passi di moda.

Non passerà. Ma non c'è nemmeno bisogno di farsi prendere dal panico. L'AI è uno strumento potente che, se usato con intelligenza (quella umana), può davvero fare la differenza. La chiave è partire con obiettivi chiari, aspettative realistiche e la consapevolezza che la tecnologia da sola non basta mai.

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