Un'azienda manifatturiera di medie dimensioni, oggi, può trovarsi a gestire contemporaneamente ISO 9001 per la qualità, ISO 14001 per l'ambiente, ISO 45001 per la sicurezza sul lavoro. Magari anche il GDPR, il Modello 231 e, perché no, una certificazione di settore. Il risultato? Tre manuali, tre set di procedure, tre calendari di audit interni, tre riesami della direzione. Tre modi diversi di dire, sostanzialmente, le stesse cose.
È un po' come avere tre agende per segnare gli stessi appuntamenti. Funziona, certo. Ma viene da chiedersi se non ci sia un modo più intelligente.
La mossa silenziosa di ISO
Nel 2012, l'International Organization for Standardization ha fatto qualcosa di notevole, passato largamente sotto silenzio al di fuori degli addetti ai lavori: ha introdotto la High Level Structure, oggi nota come Harmonized Structure. In sostanza, ha imposto a tutti gli standard per i sistemi di gestione una struttura comune: stessi capitoli, stessa terminologia di base, stessa logica.
Contesto dell'organizzazione. Leadership. Pianificazione. Supporto. Attività operative. Valutazione delle prestazioni. Miglioramento. Dieci clausole che costituiscono l'ossatura di qualsiasi sistema di gestione, dalla qualità alla sicurezza delle informazioni, dall'ambiente all'energia.
Il messaggio implicito è chiaro: i sistemi di gestione, al netto delle specificità tecniche, condividono lo stesso DNA. Analisi del contesto, gestione dei rischi, obiettivi misurabili, audit, azioni correttive, miglioramento continuo — sono concetti trasversali, non proprietà esclusiva di questa o quella normativa.
Il paradosso degli strumenti
Se le norme hanno una struttura comune, viene naturale aspettarsi che anche gli strumenti per supportarne l'applicazione seguano la stessa logica. E invece no.
Il mercato offre software per la gestione della qualità, software per la gestione ambientale, software per la sicurezza, software per il GDPR. Spesso sono prodotti diversi, di fornitori diversi, con logiche diverse. Oppure sono moduli separati che condividono poco più del logo aziendale. Il risultato è che le organizzazioni si ritrovano a inserire le stesse informazioni in sistemi differenti, a mantenere documentazioni parallele, a gestire audit con strumenti non integrati.
L'HLS ha creato le premesse per un approccio unificato. Ma sul fronte degli strumenti software, quell'opportunità resta in larga parte inesplorata.
Un'architettura, molte normative
L'intuizione è semplice: se la struttura è comune, lo strumento può essere unico. Non nel senso di un software generico che fa tutto male, ma di un'architettura progettata fin dall'inizio per riflettere la logica dell'HLS.
Un nucleo centrale che gestisce ciò che tutte le normative condividono: il contesto organizzativo, le parti interessate, i rischi e le opportunità, gli obiettivi, le risorse, le competenze, la documentazione, gli audit, le non conformità, le azioni correttive, i riesami. E poi moduli specifici che si innestano su questa base per gestire i requisiti peculiari di ciascuna norma o regolamento.
Non si tratta di semplificare — la compliance non è mai semplice. Si tratta di non complicare inutilmente. Di evitare duplicazioni, ridondanze, disallineamenti. Di permettere a chi gestisce la qualità di vedere il quadro completo, non frammenti sparsi in applicazioni diverse.
Una porta che stiamo aprendo
L'HLS non è una novità: esiste da oltre un decennio. Ma le sue implicazioni per chi progetta strumenti di supporto alla compliance sono state finora poco esplorate. È un'opportunità che aspetta di essere colta.
Noi ci stiamo lavorando. L'idea di uno strumento costruito nativamente sulla logica dell'Harmonized Structure — un'unica architettura capace di supportare più normative senza duplicazioni e senza compromessi — ha smesso di essere un'intuizione ed è diventata un progetto.